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Dopo anni passati a scalare gli edifici più alti d’Europa e imbucarsi su treni merci, la leggenda dell’urban exploration Yuriy Marmeladov prova ancora le stesse sensazioni di quando ha iniziato.
Nella sua conversazione con Spectrum, Yuriy tocca temi come l’infanzia in Ucraina e il retaggio culturale post-sovietico, ripercorre le avventure del 2021 e prova a spiegare cosa si prova a stare sulla cima del mondo.

Q. Quello che fai è borderline, al limite della follia. Da dove arriva questa urgenza di scalare edifici e monumenti? Perché vuoi sempre superare te stesso?

A. Quando avevo 15 o 16 anni c’erano questi video amatoriali con alcuni ragazzi che salivano a mani nude su palazzi altissimi, e ho pensato “nah, è impossibile dai”. Così mi sono messo a provare, e in poco tempo è diventata la mia vita. Il processo mentale che c’è dietro è molto simile a quello degli sport estremi, il brivido del rischio e via dicendo, ma con l’urbex (abbreviazione di Urban Exploration, ndr) devi stare attento a ogni passo, non hai secondi tentativi. L’idea di fondo resta spingersi sempre più in là, e spesso questa ossessione mi porta a fantasticare sulla prossima sfida mentre sono ancora in ballo con quella prima.

Q. Il tuo profilo è pieno di scatti e video assurdi, da navicelle spaziali a gru arrugginite. Qual è l’impresa del 2021 di cui vai più fiero?

A. Se ripenso all’anno scorso, direi la traversata dell’Ucraina sui treni merci, 1200 chilometri passati rannicchiato tra cavi di acciaio e mattoni. Dai Carpazi al Mar Nero con il mio amico Olf, proprio durante una delle estati più calde mai viste in Ucraina. Ci siamo fermati giusto un paio di volte nelle stazioni, per cambiare treno o comprare da mangiare, sognando la spiaggia che ci aspettava alla fine del viaggio. Sono uscito indenne da un sacco di situazioni folli, ma viaggiare sui treni merci è la cosa più assurda che abbia mai provato.

Q. Tra tutti i progetti che ti sei portato a casa nel 2021, impressiona il viaggio monumentale attraverso il Caucaso e i Balcani. Cosa si prova a fare un viaggio così al limite delle capacità umane? Lo rifaresti adesso che sai a cosa vai incontro?

A. In questo caso ho viaggiato da Kiev a Berlino passando per la Turchia; per un pezzo mi ha accompagnato Olf, poi l’ho salutato e ho proseguito da solo per un mese. In pratica ho fatto 5000 chilometri in autostop o imboscato su qualche treno merci, e quando sono arrivato a Berlino mi sentivo un’altra persona, per via delle difficoltà che ho dovuto superare e delle persone che ho incontrato. Due mesi così, sperduto da solo in mezzo all’Europa, ti cambiano profondamente: è così che ho preso coscienza dei miei limiti e delle mie capacità. Per questo lo rifarei, e perché non sopporto l’idea di buttare via il mio tempo; ho una vita sola e un’unica occasione di lasciare il segno.

Q. In cosa sono simili train surfing e rooftopping? E in cosa differenti?

A. Confermo quello che dicevo prima: solo gente che ne ha già fatte tante può imbucarsi sui treni merci e sperare di uscirne vivo. Ma in generale consiglio di lasciar perdere, conosco un sacco di storie finite male. Quando scali palazzi e costruzioni in metallo hai più controllo, ti puoi preparare meglio. Detto questo, sono tra le due discipline urbex più pericolose: puoi farti male seriamente, o peggio, e sono illegali in qualsiasi stato. Se dovessi fare un paragone, direi che il train surfing è più come guidare una moto: tanti movimenti veloci, spesso imprevedibili, e devi essere bravo a improvvisare. Nel rooftopping invece c'è tanta strategia: giorni a studiare la planimetria, capire dove sono le entrate, prima di un’ascesa che richiede comunque attenzione e sangue freddo.

Q. La prefazione della tua fanzine ПОДОРОЖ inizia con una citazione di Nietzsche: “chi ha qualcosa per cui vivere può sopportare quasi ogni cosa”. Perché proprio questa frase?

A. Perché riassume perfettamente chi sono. Non ho una vita normale con hobby normali; arrivo dalla classica famiglia post-sovietica, immersa in un contesto culturale depresso e senza grandi possibilità economiche. In pratica ho dovuto trovare qualcosa per cui valesse la pena andare avanti, e l’ho trovata nel rischio.

Q. Quanto è stato difficile crescere in uno stato problematico come l’Ucraina?

A. Il concetto di libertà da noi è molto giovane, il mio paese ha conquistato l’indipendenza solo negli anni Novanta. Da allora, siamo stati costantemente minacciati dalla Russia e da una povertà incondizionata che ci toglie futuro e speranza. Vivere qui è molto duro: in 23 anni ho visto due rivoluzioni contro governi corrotti e filo-russi, l’occupazione russa, un paio di crisi economiche e anche una pandemia. Hai mai sentito della frase “hard times make us stronger, good times make us weaker"? Si adatta perfettamente agli ucraini, siamo un popolo fiero e combattivo.

Q. Negli ultimi anni sei entrato nel mondo dei graffiti, come ti sei avvicinato a questa scena?

A. Una volta alcuni writer (SETO, KURT) mi hanno chiesto consigli tecnici per fare qualche tape, così abbiamo iniziato a collaborare; in pratica sono stati i graffiti a trovare me. In più conosco Olf da una vita, e ogni volta che andiamo a Berlino ci becchiamo sempre con ragazzi dei 1UP e Berlin Kidz. Detto questo, i graffiti sono ancora molto underground in Ucraina, le persone non vedono di buon occhio chi colora muri o treni, quindi la scena è bella attiva ma ancora piccola.

Q. Le scritte sui muri sono già una specie di testamento per i writer, invece tu hai bisogno di una testimonianza, non puoi semplicemente fare su e giù da un palazzo. Quanto conta la fotografia in quello che fai? Come scegli cosa postare sui social?

A. È fondamentale perché le foto rendono immortali le mie azioni - nel mio caso una fotografia semplice, libera da ogni ambizione artistica. Sui social pubblico immagini e video che fanno capire l’entità dell’azione e stimolano una reazione in chi guarda. A essere sincero, quando ho iniziato a fare urbex mi aiutavo con qualche sostanza: le sfide erano estreme, e la tensione si sentiva. Più avanti ho capito che queste emozioni erano così estreme e travolgenti che non potevo tenerle per me, dovevo condividerle con qualcuno.

Q. Cosa c’è nel futuro di Marmeladdov?

A. Ho un sacco di idee interessanti, ma in Ucraina è abbastanza difficile trovare fondi per iniziative così fuori dagli schemi. Ci sto lavorando, spero di sbloccare presto questo discorso per fare ancora più slavik shit e mettermi alla prova con nuove sfide.

Photography and video: Yuriy Marmeladov
Interview by: Spectrum ©Spectrum 2021